Jingles Balls – Natale a casa mia


di Alice Porta

A casa nostra il Natale era una faccenda seria che mia madre gestiva con rigore militare. Innanzitutto le date: l’albero si faceva l’8 Dicembre e si smontava il pomeriggio della Befana, non un giorno di più né uno di meno. Questa faccenda delle decorazioni e dei panettoni già ad Ottobre sarebbe stata inaccettabile.

Tra l’8 e il 24 si andava in giro a cercare regali per parenti, amici, cugini, zii, colleghi e affini fino alla settima generazione. E lì era un po’ questione di culo: se ci venivi in mente nei primi giorni, quando il tempo e il budget a disposizione erano al massimo, avevi una bel regalo; altrimenti più ci si avvicinava al 24 e più era facile che ottenevi un paio di calzini mosci o un sapone al muschio bianco, che è più odore da cesso che da persona quindi fai un po’ te le tue valutazioni del caso.

Quando aprivo gli occhi la mattina di Natale era pura poesia: una distesa di pacchi scintillanti mi si apriva davanti agli occhi e riempiva l’intero soggiorno. Avevo due ore di tempo per aprirli, però, perché poi bisognava pulire casa, lavarsi, vestirsi e preparare per il pranzo perché a stare stretti si era almeno una trentina. Tutti a casa nostra. E così la fiumana di parenti arrivava come in pellegrinaggio, portando con sé altri doni e pirofile colme di roba da mangiare. Ci si sedeva a tavola a mezzogiorno e ci si alzava che era dopo cena: un flusso continuo di cibo, programmi televisivi, foto di famiglia e giochi tutti insieme. Dopo di che la giornata volgeva a termine e anche se erano ancora tanti i giorni prima del ritorno a scuola di fatto la notte del 25 lavava via tutta la magia e l’attesa di quel periodo dell’anno.

Già perché io del periodo di Natale ricordo questo e con nostalgia: l’attesa. Ogni notte vedevo crescere sotto l’albero illuminato di rosso e di blu tanti pacchi, sapevo che altri ancora dovevano arrivare e in me cresceva la speranza; aspettavo con ansia di vedere i miei parenti e i miei cugini e stare tutti insieme intorno al tavolo in sereno accordo. Poi, immancabilmente, dopo tutta quell’attesa, non era proprio come te lo eri immaginato: qualcuno mangiava troppo, qualcun altro dormiva e basta; c’era chi litigava e se ne andava sbattendo la porta e alla fine nei pacchi scintillanti trovavi sempre qualcosa che c’entrava un cazzo con ciò che volevi. Natale a quei tempi era una po’ come essere di sinistra oggi.

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