La società dei senza


di Gabriele Moretti

 

Questa nostra è diventata la società del Senza.
Grano senza glutine, biscotti senza polifosfati, dentifricio senza fluoro, shampoo senza parabeni, latte senza lattosio, bistecche senza carne, acquistare senza pagare un centesimo subito, navigare senza limiti a dieci euro, collegarsi senza fili, pagare col bancomat senza toccare il POS.
Ma questo significa anche che siamo diventati la Società che si parla senza vedersi, che si ama e si odia e litiga e si incazza e poi fa pace e poi vaffanculo senza toccarsi mai una volta. Senza aver mai sentito che odore ha l’altra persona, come parla, dove guarda mentre parla, come ha trattato sé stessa nella sua vita, come si veste, se si lava o se ha i denti color vomere d’aratro e i capelli che sanno di minestrone.

Direte voi “vabbè, che c’entra: si può criticare o condividere un pensiero e un’idea anche senza conoscere tutte queste cose di una persona…”
E invece no, cari miei. Il linguaggio è uno strumento formidabile, ma è solo un vettore. Uno dei tanti e, aggiungerei, degli ultimi della nostra storia evolutiva. Siamo ormai abituati ad una società che concepisce i rapporti umani attraverso un monitor, distaccati gli uni dagli altri eppure “connessi”, che ci stiamo dimenticando il valore di tutto ciò che si prova parlando con un’altra persona: imbarazzo, senso del pudore, rispetto, tono della voce, coraggio delle proprie idee, soffermarsi ad ascoltare. E anche a tutto quello che l’altra persona ci comunica anche soltanto stando davanti a noi: se un energumeno frittelloso con una proprietà di linguaggio di un troglodita e con i vestiti che odorano di circo Orfei mi venisse a raccontare che bisogna aver fiducia nella ripresa economica, gli scoppierei a ridere in faccia. Se un ragazzino coi segni del latte materno ancora in bella vista sulle guance mi sbraitasse addosso slogan razzisti mentre tento di ragionare di integrazione, lo liquiderei con un “vai a studiare, capra”. E a nessuno che assistesse a tale scenetta verrebbe MAI in mente di darmi del borioso, perché tutti avremmo chiara la situazione.
Ma se lo fai sui social network è tutto un altro paio di maniche: il linguaggio scritto è un enorme livellatore. Chiunque può copiare un concetto da internet e farsi bello attraverso esso per prevalere in una discussione, anche il frittelloso che sa di circo e il pischello analfabeta funzionale. E tu non puoi mica permetterti di contraddirli, magari consigliando loro di leggere qualcosa o farsi una cultura. Agli occhi del mondo siete due entità identiche, ciascuna con le proprie opinioni che valgono egualmente.
Dite un po’: vi è mai capitato di conoscere di persona qualcuno con cui avete intrattenuto rapporti (belli o pessimi) sui social network e dopo pochi minuti di pensare “ma non è mica lui… son due persone diverse!”
Dobbiamo recuperare il contatto umano, cari miei. Sì, anche gli schiaffi, se serve. Ma soprattutto ricordarsi che valore hanno in una discussione gli sguardi, le pause, il tono di voce, gli odori, le sensazioni, i gesti. Tutte cose che ci dicono molto di una persona e che attraverso uno schermo non esistono più.
Il Moretti, per esempio, fa il ganzino ma è un gran timidone lovvoso puccipù.

arrabbiato

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