di Alice Porta
Il Crocefisso nei luoghi pubblici, pena una multa da mille euro.
La natalità come grande battaglia a difesa di Dio.
Questi sono i prossimi obiettivi in agenda del Governo Meloni-Salvini. Un concetto di fede come identità collettiva, in buona sostanza di religion di Stato.
Pur essendo agnostica, non mi oppongo al concetto di fede. Credo che da un lato risponda ad un bisogno di spiritualità proprio dell’uomo, per rispondere alle sue domande e soprattutto dare un senso alle sue paure. Inoltre il fenomeno aggregativo e rituale della fede, meglio noto come religione, è parte della storia dell’uomo da millenni: sarebbe un po’ ingenuo da parte nostra bollarlo come un capriccio, come bieca stupidità. Insomma ci dobbiamo fare i conti perché non sparirà con uno schiocco di dita.
Non sono nemmeno così scorretta da negare che parte della nostra quotidianità e delle nostre superstizioni arrivino da una religione, quella cattolica, che è stata di tutti e obbligatoria. Anche se poi è stata ripulita e ridimensionata dalla modernità, dalla scienza, persino dal consumismo.
La versione più sana di fede è quella intimista, che si esaurisce nel singolo e in pochi altri che decidono di aggregarsi, secondo norme Costituzionali. La religione dovrebbe essere al pari di un sindacato, di un partito, di un’associazione o di una ProLoco.
Quello che invece manca quindi, ed è grave alle soglie del 2024, è un concetto di fede e religione come privato, individuale. Anche là dove sia collettivo dovrebbe essere circoscritto ad ambienti ristretti.
Invece ci troviamo di fronte ad un Governo che intende collegare la religione cattolica ai luoghi pubblici, come scuole ed ospedali, che sono simboli dello Stato. Così come intersecare il concetto di Dio con quello della famiglia: altra istituzione fondamento e bisogno primario dell’umanità.
Mi sembra abbastanza chiaro che qui non si tratti davvero di fede perché questa essendo intima non viene mai messa in discussione, nemmeno dagli atei. Così come non riguarda la difesa di Dio che, qualora esistesse, non ha certo bisogno di essere difeso: sa agire per suo conto e punire i miscredenti.
La religione da questo Governo è usata come un’arma. Del resto il linguaggio usato da questo governo, quando si parla di Dio, è di natura bellica: battaglie, ordini, punizioni.
L’ultima spiaggia per combattere scelte umane che che il duo Meloni-Salvini non comprendono, non si sforzano nemmeno di conoscere.
Il Crocefisso come arma che esorcizza altre fedi di altre persone che vengono da lontano. La religione usata come spauracchio contro l’immigrato.
Il concetto di Dio come fondamento della famiglia perché così altre famiglie rimangono indietro, isolate, perdono la dignità e persino il diritto di essere chiamati “famiglia”.
Se tutta una serie di delicate questioni rientra sotto il capello del diritto inviolabile della fede, così come protetto da tutte le Carte fondamenti, ecco che diventa più facile chiudere, bloccare, ghettizzare, dividere i buoni dai cattivi, i sani dagli insani, i giusti dagli sbagliati.
Questo ritorno in auge della religione è davvero una mossa nauseante messa in atto da ignoranti disperati che non sanno affrontare la società in evoluzione, che sono pronti a lasciare indietro cittadini che hanno promesso di rappresentare, che sono disposti a chiudere gli occhi di fronte alla sofferenza degli ultimi, in nome delle loro idee che non hanno niente a che vedere col presente.
Tutto molto cristiano, bisogna dirlo.
Ho sempre pensato che c’è niente di meglio che essere scelti tra una miriade di scelte possibili. Essere scelti perché si è amati sul serio e non sotto minaccia, costrizione, mancanza di scelta. Sarebbe patetico essere scelti in funzione di un obbligo. Credo che lo stesso sia per Dio, narrato come suprema forma di Amore.
Allora che Dio venga scelto, liberamente. O che accetti di venire scartato, secondo libero arbitrio.
Credo che i primi a doversi opporre a queste manovre da religion di Stato dovrebbero essere proprio i credenti. Prima ancora che per umanità, modernità o anche solo laicità dello Stato: dovrebbe stargli sul gozzo che Dio diventi obbligatorio, come per anni è stato lo studio della religione in tutte le scuole di ordine e grado.
I primi a volere l’ora alternativa a scuola e la società alternativa fuori dovrebbero essere proprio quelli che credono. Dovrebbero iniziare a ripensare la propria fede, a chiedersi che cosa vogliono davvero dalla religione: vogliono accogliere oppure vogliono prevaricare? Vogliono conforto oppure avvilimento dell’altro? Vogliono amore oppure costrizione? Vogliono unità oppure una bieca divisione a squadre per sentirsi migliori, vincenti?
Questo mi ricorda una vecchia storiella che lo scrittore israeliano Amos Oz riporta nel suo libro “Contro il fanatismo”. Diceva più o meno così:
< un giorno un tale stava seduto in un bar, a Gerusalemme. Un tizio gli si avvicina e sottovoce gli confida di essere Dio. Il tale lo prende per matto ma poi decide di stare al gioco: lo interroga. E più pone domande e affronta questioni col tizio e più si convince di essere al cospetto di Dio. Viene preso quindi da un desiderio di conoscenza, soprattutto un moto di orgoglio, conscio della sua fede e della sua identità di credente, e sente di dovergli porre una domanda, sperando che la risposta sia quella che vuole sentire:
Dio – gli dice – visto che sei qui ti prego dimmi: chi ha ragione? Abbiamo ragione noi ebrei oppure i musulmani? Forse i cattolici? Oppure chi altri?
Dio lo guardò per un attimo e poi sporgendosi vicino a lui, come a dirgli un segreto, finalmente gli rispose:
Figliolo, tutte queste faccende non ci ho mai capito molto. E ad essere sincero: non è che mi importi poi un granché.”>