Mamma o non mamma? Chiedilo al web


Di Alice Porta

L’ultima moda in fatto di dibattiti socio- culturali di indubbio spessore non è più lo scontro tra cosa si mangia ( o se si mangia, nel caso dei respirariani); ora il vero quid degli opinionisti da social è la maternità.




Istinto primordiale, croce e delizia delle donne da secoli (perché della paternità invece non frega a nessuno), la maternità è l’argomento principe dei maggiori blogger del momento: è tutto un fiorire di madri che elogiano la bellezza del ruttino notturno e di donne che figli non ne vogliono e quindi lasciano tutto e si mettono a viaggiare (!). Come sempre la verità, suppongo, sta nel mezzo: tra elogiare il peso della cacca nel vasino (ho letto status pubblici in merito) e sottintendere uno strano connubio tra il non avere figli e il vivere come barboni in giro per l’Europa, mi chiedo dove stiano tutte quelle semplici donne, madri o meno, che lavorano, socializzano, si divertono e non fanno dipendere l’opinione che hanno di se stesse e della loro vita da un’unica decisione.
Invece, tanto per cambiare, occorre scornarsi anche su questo: essere o non essere madre?
Chi è madre ovviamente sostiene che sia la meglio cosa in assoluto e, di quando in quando, impartisce lezioni ad altre madri, talvolta degenerando pericolosamente: i pediatri sono Bestie di Satana, occorre allattare a richiesta fino a tarda età e continuare a lavorare traumatizzerà il bambino che poi entrerà nell’Isis, il letto si divide con i figli e se il marito non capisce è un maschilista bastardo.
Di contro ci sono le non madri le quali, parimenti, fanno della loro personale scelta un faro di speranza per tutte le donne oppresse, come se non essere madri comporti di per sé una sorta di protezione dalla società patriarcale con tanto di tazza in omaggio “The best femminist in the world”. Diciamolo, di sicuro la società patriarcale vede la donna innanzitutto come madre e scegliere di non esserlo è ancora una notevole presa di posizione; ma se poi passi il tuo tempo con un macho di periferia che ti intima di “tornare al lavello”, del tuo non essere madre ce ne facciamo poco.
La cosa fondamentale, da entrambe le parti, è nascondere il rammarico per le proprie scelte raccontando una realtà perfetta e possibilmente facendo sentire in colpa gli altri.
E i padri, invece? Mi piacerebbe ogni tanto sentire parlare di paternità.
Storicamente alloggiati nelle retrovie, subiscono ancora il pregiudizio negativo, spesso immeritato, di coloro i quali non distinguono un ciuccio da un body in cotone; eppure, vi stupirà, esistono padri che stanno in congedo dal lavoro, che si occupano delle poppate notturne, conosco padri che passano domeniche a costruire giochi per i loro figli (e ci si divertono, perché non dovrebbero?); eppure non leggo status di elogio della paternità, nessun padre si mette a dare consigli o impartire lezioni, non vedo iniziative (per altro pericolose) alla “posta le foto che ti fanno sentire orgoglioso di essere padre”.
Che gli uomini forse non sono contenti di essere padri? Non sono innamorati dei loro figli?
Forse è una cosa che non si può dire, che deve restare segreta.
Onestamente, al cospetto di certi status, mi piace pensare che dietro ogni madre che impartisce lezioni di nutrizione a base di latte e licheni, ci sia un padre che, sotto il tavolo, sporge al figliolo un maxi piatto di polenta coi funghi.

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