È bòno, è d’uva


di Gabriele Moretti

Corposo, robusto, retrogusto preponderante di spezie esotiche sorrette da una profonda nota di cumino e liquirizia. D’uva nemmeno l’ombra.
In effetti, più un vino è costruito a tavolino e meno si tratta di vino: qualunque produttore di vini di successo vi dirà che per fare un buon vino non serve buona uva ma un buon enologo. Che poi è sostanzialmente un chimico che gioca a mischiare sapori e odori e quando trova una combinazione vincente la protocolla, così in futuro verrà sempre identico. Il vino è forse l’unico alimento sul quale non c’è obbligo di mettere gli ingredienti, cosicché chi lo beve si fa l’idea che sia uva schiacciata, magari coi piedi e da allegre fanciullette nel fiore degl’anni con la pezzòla in testa sulle note di Ciuri Ciuri.




Ho un caro amico che produce vino nel modo più naturale possibile, un vino che peraltro ha un discreto successo ma che non viene mai una volta come quella precedente. Sapete perché? Esatto, perché è uva schiacciata. Non coi piedi (e anzi, l’idea che la schiacci lui coi piedi mi farebbe passare la sete, anche se gli voglio bene) ma insomma è uva. Manco i solfiti ci mette, quindi se apri una bottiglia finiscila subito o diventa aceto. E’ un vino che, nonostante i suoi 14 gradi, non fa girare la testa manco dopo sei bicchieri e, cosa non di poco conto, sa effettivamente d’UVA e non di ripieno del tacchino del Ringraziamento.
Quindi come posso sapere se un vino contiene sostanze coloranti o additivi chimici che potrebbero darmi fastidio? Non posso, punto e basta. Devo accontentarmi se qualche produttore ha uno slancio di onestà e mi ci scrive quello che NON contiene: “Non contiene Eternit”, per dire, è già un passo avanti nel processo di esclusione degli additivi potenzialmente pericolosi. E uno potrebbe obiettare con qualcosa tipo “ma perché cazzo dovrebbero metterci l’Eternit, Moretti?” colorando qua e là l’istanza con una variopinta serie di mòccoli, ma rigiriamo la domanda: come ha scoperto, colui che ha per primo utilizzato la cocciniglia come colorante, che poteva essere usata in quel modo senza rischi? Avrà fatto dei test (probabilmente sui cucciolini di foca puccipucciosa del Bajkal) e vedendo che ne morivano solo due su mille si sarà detto “perché no?”.
E posso anche starci, soltanto me lo devi dire: “questo vino contiene scarafaggi schiacciati con cattiveria e tacco sei e mezzo perché se non ce li metti sa di merda”. Poi uno decide se pagare una bottiglia di D.O.C.G. fatto con le blatte 34 euro o se prenderlo dal contadino a un euro e ventitré al gallone, che magari qualche scarafaggio ce lo mette anche lui, ma non intenzionalmente.

 

cioccolato

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