L’utonto Facebook 1


Di Ettore Ferrini

La Home di Facebook è sempre più una finestra su un universo parallelo. Leggo messaggi incomprensibili tipo: “Me la pagherai!”, che -capirete- più che un post pare un avviso di Equitalia. Che senso ha scrivere una cosa simile in bacheca? Dilla a chi di dovere, no? Così fai prendere un accidente a centinaia di persone e magari l’unico che dovrebbe leggerla manco la vede. Poi ci sono quelli che scrivono le proprie condizioni di salute: “Ho la tosse, il vomito e la febbre a 39 e 2”, e il bello è che sotto ci sono 17 Mi Piace. Ma come? Questo sta di merda, passa le nottate in bianco e a te “ti piace”? Allora sei stronzo. Che dire poi degli illuminati aneddoti pseudo-scientifici “Oggi Calogero ha compiuto tredici anni ma io lo allatto ancora, dice il pediatra che finché non esce il midollo spinale è consigliatissimo.”. Per non parlare dei 784 gatti indolentemente acciambellati sul letto e svegliati dal flash, che un giorno -spero- organizzeranno una rivolta cacandovi dentro le ciabatte. Poi ci sono i bimbi. Ora, a parte che spero vi querelino una volta maggiorenni, ma poi se uno volesse vedere in continuazione bimbi che mangiano, che corrono e che si scaccolano, li avrebbe fatti. Ché fra l’altro non è così difficile, insomma non sei un genio, hai solo trombato. Ci è riuscito perfino Bossi, per dire. Assolutamente da non perdere sono anche le Barbare D’Urso, quelle che scrivono delle cose tipo: “Io abolirei le taglie sotto la 44, cosa ne pensate?” E sotto, ovviamente, un flame da 600 commenti. Se tu uscissi a fare due passi invece di stare lì a leggerteli tutti magari t’entrerebbe anche la 42. E poi, infine, i citazionisti. Gente che in trenta (ma anche quaranta) anni non è mai riuscita a formulare un pensiero proprio, e allora si affida a Wilde e nei casi più disperati a Bukowski, quando non addirittura a D’Annunzio o a Jim Morrison. Dimenticando che loro quattro, almeno, si drogavano. Voi invece che scusa avete?

 

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